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Writer's pictureDorthe Jørgensen

Bellezza - 1

Updated: Apr 26, 2020

Traduzione italiana di premessa del libro Skønhed – en engel gik forbi (Bellezza – un angelo è passato) di Dorthe Jørgensen. Pubblicato da Aarhus University Press nel 2006


Premessa

Perchè gettare via il tempo occupandosi della bellezza in un mondo pieno di problemi? Ogni anno milioni di persone muoiono di fame; molte altre si contano nei bassifondi. La violenza contro le donne è un problema che interessa tutte le zone della terra e tutti i giorni ci sono bambini vittime di sfruttamento o che muoiono in seguito a maltrattamenti. E allora, perchè pensare alla bellezza quando ci si può dedicare alla politica, quando si può scegliere di lavorare per alleviare situazioni di emergenza o si può studiare scienze politiche? Perchè soltanto ad uno sguardo superficiale bellezza significa avere un bell’aspetto o rilassarsi con l’arte che procura godimento. Gli interventi di chirurgia estetica e l’arte intesa come puro intrattenimento non hanno, di fatto, nulla a che vedere con la vera bellezza. Perchè bellezza è l’esperienza stessa della bellezza, ed essa non si limita a farci vivere le belle forme, siano essere create dalla natura o dal chirurgo. Queste forme possono, al massimo, essere un’occasione per farci vivere l’esperienza della bellezza; ma di occasioni del genere ne esistono molte altre. Perfino nel brutto, ossia nel disarmonico, può esserci bellezza. L’esperienza della bellezza tende, dunque, ad andare ben oltre la bella forma. Indipendentemente dalla natura di ciò che ci appare bello, sia cioè che si tratti di un essere umano, di un paesaggio naturale, di una cosa di tutti i giorni, di un’opera d’arte, la bellezza rende consapevoli dell’esistenza di qualcosa che ha valore in sé. L’esperienza della bellezza ci insegna in tal modo che non tutto può diventare strumento di qualcos’altro, in ogni caso non senza danneggiarlo. Così, ad esempio, accade con gli uomini, non perchè gli uomini sono uomini e perciò hanno diritti, ma perchè gli uomini sono belli, e il bello secondo la concezione degli antichi greci è ciò che merita di essere apprezzato. Non ha alcun senso impegnarsi in politica, dedicarsi ad alleviare situazioni di emergenza o studiare scienze politiche per risolvere i problemi del mondo, se prima non si è compreso che sono soltanto alcune le cose che hanno finalità al di fuori di se stesse. Che, in altri termini, ci sono altre cose che, di contro, hanno il senso in se stesse. I problemi del mondo saranno presumibilmente risolti soltanto il giorno in cui tutti avranno acquisito la saggezza celata nell’esperienza della bellezza: che c’è di fatto qualcosa che ha valore in sé. Di certo, questo giorno non sorgerà mai, ma vale comunque la pena aspirare fortemente ad esso, perchè senza questa aspirazione nessun problema potrà davvero risolversi.


Tuttavia non è facile intendere la bellezza così come viene descritta qui, perchè da uomini moderni abbiamo un atteggiamento del tutto diverso al riguardo nel nostro quotidiano. Oggi la maggior parte di noi considera la bellezza come qualcosa che si può comprare in una clinica, purchè se ne abbiamo le possibilità economiche. Per questa ragione il mio libro inizia con un capitolo sul modo di intendere la bellezza che oggi è più attuale, vale a dire con gli ideali di bellezza. Dato che questa concezione della bellezza, però, non è soddisfacente, viene abbandonata nei capitoli che seguono a vantaggio di riflessioni sulla bella forma, sull’idea del bello, sull’esperienza della bellezza e sulla metamorfosi della bellezza. Questi capitoli introducono ampiamente il concetto di bellezza dal punto di vista della storia delle idee e dal punto di vista filosofico, intendendo per bellezza sia quella che si manifesta a chi la vive, sia quella che nel corso del tempo è stata oggetto di interpretazione nell’arte e nella filosofia. La seconda parte del volume, che inizia con un capitolo sulla moderna distinzione tra la bellezza naturale e la bellezza nell’arte, tratta dei concetti di bellezza che si possono identificare in una serie di settori diversi, dove forse non ci si aspetta possa esistere interesse per la bellezza. Ci si riferisce alle scienze naturali e mediche, alla pedagogia, alla politica e all’ambito delle teorie dell’organizzazione. In questa parte del libro, che termina con un capitolo sulla bella apparenza, risulta chiaro che sia la concezione della bellezza come proporzionalità armonica, propria della teoria classica dell’arte, sia la concezione filosofica del bello come idea metafisica sopravvivono ancora là dove meno ci si potrebbe aspettare. Nella terza parte del libro, in compenso, il ruolo da protagonista viene svolto dalla concezione filosofica della bellezza, anche se più nella sua forma moderna, in cui la bellezza si identifica con l’esperienza della bellezza, che nella forma classica, in cui si parla della bellezza come idea. Dato che l’esperienza però difficilmente si lascia interpretare senza riferimento all’idea, anche quest’ultima è presente, ma il rapporto è ora ribaltato. In passato l’esperienza della bellezza veniva misurata sull’idea del bello; qui, invece, l’idea nasce dall’esperienza. Oltre a un capitolo sulla bellezza in senso lato, questa parte del libro comprende capitoli sulla bellezza come avvenimento, sul rapporto tra bellezza e divinità e sulla bellezza del pensiero.


Il presente libro si rivolge a tutti coloro che si interessano di bellezza. Segue i precedenti libri da me scritti, Skønhedens metamorfose (Metamorfosi della bellezza) del 2001 e Historien som værk (La storia come opera) del 2006, dove già feci del mio meglio per rendere il quadro il più possibile comprensibile al lettore, ed ora con questo volume intendo raggiungere un pubblico ancora più vasto. In ciò sta una delle ragioni per cui ho scelto di realizzare il libro come raccolta di essays, e senza cercare di nascondermi come narratore, traendo vantaggio, invece, dalle mie stesse esperienze. Un’altra ragione per cui ho effettuato questa scelta è che scrivere così mi piace in modo particolare. Se io stessa non avessi provato piacere nello scrivere il libro, come potrei pensare che altre persone possano trarre piacere dal leggerlo? La forma in cui si presenta il libro è però condizionata anche da molte altre scelte, il cui scopo è favorire la comprensione di una complessa materia come la filosofia presso il maggior numero di persone possibile senza scendere a compromessi sul contenuto. Io non ho la possibilità – e nemmeno alcuna ragione – di parlare di tutte le mie riflessioni in questa sede. Voglio dare soltanto un’unica indicazione, che può avere significato per l’uso che il lettore vorrà fare del libro: il volume è composto in modo tale che abbia un senso leggerlo in lungo e in largo, poiché inizia nel concreto (la chirurgia estetica ecc.) per terminare nell’astratto con riflessioni sulla bellezza del pensiero; allo stesso tempo i singoli capitoli sono scritti in modo tale da potersi leggere ciascuno separatamente dagli altri. Il punto è che ai fini dell’insegnamento, il docente può scegliersi un singolo capitolo, completandolo eventualmente con altro materiale, come, per esempio, quelle fonti, partendo dalle quali il capitolo è stato scritto, come si evince dalle mie note e dai titoli nel testo. Dato che i capitoli del libro non costituiscono soltanto degli essays a sè stanti, ma tutti insieme formano un’unità, l’insegnante può comunque organizzare un intero corso basandosi su di esso. Anche in questo caso si può eventualmente completare la lettura con le fonti di cui si parlava in precedenza, che non soltanto sono costituite da testi il cui genere può spaziare, ma anche da opere d’arte. Ritengo che il libro possa venire usato nella maggior parte delle istituzioni scolastiche, compresi i licei e le scuole superiori per adulti, in rapporto all’indirizzo che il singolo insegnante voglia dare alle proprie lezioni. Ma mi aspetto anche che molte altre persone possano trarre piacere da questa lettura, perchè non stiamo parlando di un libro scritto propriamente per l’insegnamento, semmai di una raccolta di essays.


Traduzione di Maria Adelaide Zocchi


Chiharu Shiota, "The Key in the Hand" (installation view). Japanese Pavilion, Venice Biennale 2015. Private photo, © Dorthe Jørgensen
Japanese Pavilion, Venice Biennale 2015. Photo by Dorthe Jørgensen

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